I dati del 17°Rapporto Nazionale sulla Sperimentazione Clinica in Italia, pubblicato dall’AIFA, non sono incoraggianti. Il numero delle sperimentazioni cliniche autorizzate nel nostro Paese è complessivamente diminuito di quasi 100 unità (da 660 nel 2016 a 564 nel 2017). Risulta inoltre diminuita la percentuale degli studi autorizzati in Italia rispetto all’EU dal 20,3 del 2016 al 18,0% del 2017.
Nonostante questi dati poco rassicuranti, ma a riprova che il tema del valore delle sperimentazioni cliniche interessa ricercatori e operatori dei sistemi sanitari in tutto il mondo, è stato presentato mercoledì 21 u.s. in Senato, ValOR, il modello di Roche – il primo in Italia – per la misurazione dell’impatto economico delle sperimentazioni cliniche, ora adattato alla prospettiva delle aziende sanitarie. Il lavoro va oltre la generale quantificazione dei fondi erogati dalle industrie per il sostegno agli studi clinici, mettendo invece in luce le implicazioni economiche, manageriali e istituzionali nelle strategie delle aziende sanitarie derivanti dai costi evitati grazie alla ricerca clinica. Lo studio, infatti, ha rivelato un risparmio dai 2 ai 4 milioni di euro per ciascuna delle strutture coinvolte nell’attività di ricerca sponsorizzata: ogni 1.000 euro investiti dall’azienda farmaceutica all’azienda sanitaria perla conduzione di uno studio clinico, quest’ultima ne ha risparmiati 2.200 per costi non sostenuti. L’ effetto moltiplicatore”, generato dai finanziamenti alla ricerca, ha coinciso con un risparmio per ciascuna struttura sanitaria, non tracciato in alcun documento contabile.
Il volume, pubblicato da Edra con il supporto incondizionato di Roche, raccoglie i risultati di uno studio realizzato da un gruppo di lavoro coordinato da Americo Cicchetti, professore ordinario di Organizzazione Aziendale alla Facoltà di Economia dell’Università Cattolica del S. Cuore e Direttore di ALTEMS ed ha visto la partecipazione di esperti provenienti da due aziende sanitarie, sede di sperimentazione clinica: la Fondazione Policlinico A. Gemelli di Roma e l’ASST Papa Giovanni XXIII di Bergamo.
Il modello è stato poi sperimentato nelle due aziende sanitarie con significativi risultati: monitorando l’attività di ricerca condotta dal 2011 al 2016 in due aree terapeutiche, sono stati infatti stimati risparmi dai 2 ai 4 milioni di euro per le due strutture oggetto di studio.
“Nel dettaglio– spiega Americo Cicchetti -, il modello definisce il valore prodotto dalle attività di sperimentazione, per le strutture ospedaliere, come somma di due componenti: i finanziamenti ricevuti, cioè la somma dei ricavi cumulativi per studio, derivanti dal finanziamento della sperimentazione, che include tutti i costi per la gestione del paziente, e gli averted cost (cioè i costi evitati totali), corrispondenti alla stima dei costi risparmiati dal SSN/SSR, in quanto il costo delle terapie farmacologiche per i pazienti arruolati nei protocolli di ricerca viene sostenuto da soggetti terzi, cioè gli sponsor o le aziende farmaceutiche“.
“Grazie alla sponsorizzazione esterna da parte delle aziende – aggiunge Carlo Nicora, Direttore Generale ASST Papa Giovanni XXIII di Bergamo e coautore del volume – il costo della gestione a carico del SSN per il trattamento di pazienti arruolati nella sperimentazione clinica tende a ridursi per effetto della spesa non sostenuta dall’azienda sanitaria. In particolare, non vengono sostenuti i costi per procedure diagnostiche, dispositivi medici, altri materiali di consumo utilizzati per la cura dei pazienti arruolati e anche i costi dei farmaci somministrati. I vantaggi si rilevano sia nella componente scientifica, si ha infatti una maggiore possibilità di coinvolgere i medici nei progetti e di investire di più nella formazione di giovani medici; sia in quella economica, poiché il risparmio ottenuto si traduce in un minor aggravio sulle Regioni e nella possibilità di reperire fondi per la ricerca indipendente; sia in quella manageriale, dal momento che una buona ricerca significa anche organizzazione di processi efficaci e rigorosi all’interno delle aziende sanitarie”.
Queste sfide andranno colte anche dalla politica. Per la Senatrice Maria Rizzotti, membro della XII commissione Igiene e Sanità del Senato «iniziative come questa sono la risposta alla paura di non sostenibilità del nostro Sistema Sanitario e permettono di allargare la platea di cittadini che possono usufruire della sperimentazione clinica. Abbiamo i migliori ricercatori al mondo, investiamo nella formazione di giovani che poi vanno ad alimentare il Pil di altri Paesi e, pur versano 13,9 miliardi al fondo europeo per la ricerca, ne usiamo solo 9,4. Dobbiamo uscire dalle ideologie, rendere le regole trasparenti e aiutare l’integrazione della ricerca tra pubblico e privato».
L’Onorevole ed ex Ministro della Salute Beatrice Lorenzin (Gruppo Misto) chiede al governo di accelerare l’attuazione della legge sulla sperimentazione clinica che porta il suo nome: «L’Italia è già il primo hub europeo della produzione di farmaci, può prima anche su questo fronte. Le nuove norme servono per costruire il terreno migliore per ricercatori e sistemi industriali, in un investimento a tutto tondo che ci faccia anche guardare oltre i nostri confini, cogliendo le opportunità di collaborazioni transnazionali, e che crei le condizioni ideali per mantenere qui e per attrarre dall’estero i migliori talenti. La ricerca può essere il nostro petrolio».
Roche, azienda leader nella ricerca clinica a livello mondiale, conferma con questo progetto l’impegno per favorire un ampio accesso all’innovazione per i pazienti che spesso hanno poche o nessuna soluzione terapeutica a disposizione. “In Italia, ogni anno, Roche investe 40 milioni di euro in ricerca scientifica. Solo nell’ultimo anno sono in corso 217 studi clinici, con un vantaggio concreto non solo per i centri di ricerca coinvolti, oltre 220, ma anche per gli 11.530 pazienti che hanno così potuto beneficiare di un percorso diagnostico specifico e di cure all’avanguardia senza alcun costo a carico delle famiglie o del Servizio Sanitario Nazionale – conclude Sergio Scaccabarozzi, Head of Clinical Operations di Roche -. L’Italia ha un grandissimo potenziale: nonostante il contesto non sia particolarmente favorevole, Roche continua a credere nella ricerca. Oggi infatti siamo secondi solo alla Spagna come numero di pazienti coinvolti negli studi clinici e siamo i primi in Europa come numero di studi attivati. Con questo obiettivo è importante farci trovare pronti per il nuovo regolamento europeo ed essere così sempre più competitivi nell’ecosistema internazionale”.