<<Manca un modello unitario nella gestione delle terapie. Non abbiamo nessun farmaco contro Covid-19 e molte terapie sono state troppo ‘mediatizzate’>>. Lo ha affermato Giuseppe Ippolito, Direttore Scientifico Inmi Spallanzani di Roma nel corso del webinar “Pandemiacovid -19 la strada per una cura. L’impatto scientifico, sociale ed economico dei vaccini e delle terapie, oggi e domani” promosso da Edra venerdì 8 maggio 2020 con la partecipazione di Beatrice Lorenzin, già Ministro della Salute.
<<L’esperienza della disponibilità di farmaci è stata simile a quella dei primi anni dell’Hiv, non abbiamo ancora farmaci e stiamo ripercorrendo l’esplorazione fatta 35 anni fa con l’Aids e rifatto con Ebola – ha ricordato Ippolito – Spesso non avendo imparato molto delle situazioni>>. L’infettivologo si è poi soffermato sul ruolo dell’Oms per sottolineare come sia <<stata tardiva nel definire un percorso per gli studi sui farmaci contro Covid-19, e anche la Commissione Europea è stata tardiva. Nei diversi Paesi, inclusa l’Italia, si sono attivati un gran numero di studi spontanei che corrispondevano al protagonismo dei singoli e a un sincero desiderio di esplorare alcune ipotesi. Ma la malattia cambiava rapidamente. Manca ancora un modello unitario>> ha aggiunto. <<Spero che il Cura Italia possa dare questa opportunità perché stabilisce un percorso unico di autorizzazione con il passaggio rapido da Aifa al Comitato etico dello Spallanzani in 48-72ore si può avere una risposta>>.
Per quel che riguarda l’ipotesi vaccino Ippolito dubita che ci sarà a brevemente Pier Paolo Pandolfi della Harvard Medical School di Boston ha evidenziato come <<gli Stati Uniti hanno dato 450 mln di dollari a Moderna per sviluppare il vaccino contro Covid-19>>, attualmente in fase II di sviluppo, <<questo vuol dire che le prime dosi ovviamente andranno agli americani e forse in Italia arriveranno tre anni dopo. Questo ragionamento va discusso perché in fase di pandemia i finanziamenti sono intersecati ed è molto importante come aspetto>>.
Infine, il genetista dell’Università di Roma Tor Vergata Giuseppe Novelli ha espresso la volontà di <<portare in Italia la sperimentazione clinica e la produzione degli anticorpi monoclonali>>contro Covid-19. <<Se tutto andrà bene speriamo a breve di realizzare allo Spallanzani studi in vitro e poi la sperimentazione in 2-3 centri clinici su un gruppo di pazienti>> ha annunciato. Novelli fa riferimento agli anticorpi monoclonali ‘canadesi’ identificati dal gruppo di Pier Paolo Pandolfi dell’Harvard Medical School di Boston. Il genetista, che collabora allo studio, si è detto pronto a scommettere su questa soluzione per disarmare Sars-CoV-2. <<L’Italia ha tutte le carte in regola per ospitare la sperimentazione e la produzione>>,ha concluso Novelli.
<<Questi interventi sottolineano che sul fronte delle azioni contro il virus e di prevenzione ci deve essere una linea nazionale, anzi continentale – ha aggiunto Beatrice Lorenzin -. Dobbiamo adeguare le nostre istituzioni sanitarie alle emergenze e alle sfide che ci sta ponendo un mondo sempre più globalizzato. Il tema degli Open Data lo portiamo avanti da anni e ci servirà per sviluppare la nostra ricerca clinica e sperimentale>>.
Poi ha concluso: <<Questo incontro ci dimostra come i decisori politici debbano creare da ponte tra il mondo della ricerca e il mondo della decisione. Oggi abbiamo fatto il punto su alcune questioni focali e strategiche che si spingono oltre il Covid- 19 e vanno verso la necessità di riorganizzare la nostra società e le politiche della scienza, che sono sempre di più politiche della nostra vita quotidiana>>.